«Ay, senyer, saludar m’ets?» «Ma dança, Deus vos don jay. D’un venits?» «Eu ’s o diray:
de leys que n’es blanxa, saura». «Dança, quo·l va? » « Senher, be, per ma fe». «Ay las, porets pendre haura qu’eu la veja çela re?» «Far cove, qu’autreyat m’o ha tres vets». «Er me diats, donchs, quo·l play». «Mon senyer, eu ’s o diray:
que·n veniats una nuyt foscha ab paubr’arnes descosuts e romputs, per ço quom nuls no us conoscha. Direts: "Fay be al hom nuts", e Na Luts fara ’ntrar vostre sos quets. Adonchs veyrets son cors guay e mays qu’eras no us diray.
Ab tan guarrets d’aytal bascha». «Oc, si vos no·m vas trixan gualian». « A Deu prech, que buba·m nascha si u fas, En Per’Alamayn, tan ne quan; enpero, vos o veyrets». «Vostre sia tot quan hay». «Merce, senyer, vos diray».
«Ffay tot bes, vos, que u farets». « Vas Na Luts m’en tornaray, es un pauquet li diray».
Traduzione
«Ehi, signore, non mi salutate?» «Danza mia, Dio vi dia gioia, da dove venite?» «ve lo dirò:
da colei che è bianca, bionda» «Danza, come sta?» «Signore, bene, per la mia fede» «Ahimè, potete trovarmi un’ora in cui vedere quella persona?» «Si può fare, perché già me lo ha concesso tre volte». «Ora ditemi, dunque, come le piace». « Mio signor, ve lo dirò:
venite una notte buia con povero vestito scucito e rotto, affinché alcun vi riconosca, direte: «fai del bene all’uomo nudo e Donna Luce piano vi farà entrare; allora vedrete il suo corpo gaio e altro che non vi dirò.
Allora guarirete da tale angoscia». «Si, se voi non mi tradirete, ingannandomi». «Prego Dio che mi venga la peste se lo faccio, Don Pere Alamany, neanche un po'; poi vedrete» «Sia vostro tutto quel che ho!» «Grazie, signore, vi dirò».
«Fate tutto bene, voi che lo farete» «Tornerò verso Donna Luce e un pochino le dirò».
Testo a fronte
«Ay, senyer, saludar m’ets?»
«Ehi, signore, non mi salutate?»
«Ma dança, Deus vos don jay.
«Danza mia, Dio vi dia gioia,»
D’un venits?» «Eu ’s o diray:
da dove venite?» «ve lo dirò:
de leys che n’es blanxa, saura».
da colei che è bianca, bionda»
«Dança, quo·l va? » « Senher, be, per ma fe».
«Danza, come sta?» «Signore, bene, per la mia fede»
Ffis vos suy ayman ses engan ab ferm talan, cors benestan; donchs, prenda us merces, pus tot bes, dompna, ’n vos es, que no m’alçiats desiran.
Als prims can vos vi vos plevi ab cor fi, dompna, mi e tots quants bes pusch far ni dir, ab cor que no·m gir de servir vos, qu’eu mir e desir dins mon cors ser e mayti; per que sopleyan vos deman, merce claman, cors benestan; donchs, prenda us merces, pus tot bes, dompna, ’n vos es, que no m’alçiats desiran.
Vos ets mon deport e conort e confort; per que us port leyal amor e u[s] suy aclis, tan gin mi conquis le dolç ris e·l clar vis, flor de lis, d’un crey qu’enpendray la mort; e s’ieu muyr ayman blasmar m’an vostre prets gran, cors benestan; donchs, prenda us merces, pus tot bes, dompna, ’n vos es, que no m’alçiats desiran.
Ffort suy envejos e yoyos, amoros; car est cors vos pogues dir le mal que tray, li pen’e l’esglay ne l’esmay! Car be say que jamay no forets de tan brau respost, e fora·n dos tan lo meu xan pus agradan, cors benestan; donchs, prenda us merces, pus tot bes, dompna, ’n vos es, que no m’alçiats desiran.
Mon Bel Liaman, nuyl afan no m’es tan gran con vau lunyan; cors benestan; donchs, prenda us merces, pus tot bes, dompna, ’n vos es, que no m’alçiats desiran.
Danza ritornellata
Vi amo finente, senza inganno con desiderio fermo, bella persona: abbiate pietà; siccome ogni bene, donna, è in voi, non uccidetemi desideroso.
Da quando vi vidi vi promisi, con cuor fine, donna, me e ogni ben che faccia e dica; fermo è l'animo nel servire voi, che rimiro e desidero dentro me, sera e mattino: per cui supplicando vi domando, pietà implorando, bella persona: abbiate pietà, siccome ogni bene, donna, è in voi, non uccidetemi desideroso.
Voi siete il mio diporto la mia consolazione e il mio conforto; per cui vi porto amore leale e a voi m'inchino , tanto gentile mi ha conquiso il dolce sorriso e il chiaro viso, fiordaliso, da cui mi verrà morte e se muoio amando biasimo ne avranno i vostri pregi grandi, bella persona: abbiate pietà, siccome ogni bene, donna, è in voi, non uccidetemi desideroso.
Sono molto desideroso e gioioso, amoroso; oh questo corpo potesse dirvi il male che porta, le pene e il timore e l'inquietudine! Poiché ben so che giammai direste no, due volte tanto sarà il mio canto più divertente, bella persona: abbiate pietà, siccome ogni bene, donna, è in voi, non uccidetemi desideroso.
Mio bel Legamano, nessun affanno è tanto grande come quando mi allontano; bella persona: abbiate pietà, siccome ogni bene, donna, è in voi, non uccidetemi desideroso.
Il Mapamundi è uno degli esemplari più dettagliati e artisticamente elaborati della cosmologia e della cartografia medievale. Il manufatto fu allestito verso il 1375, probabilmente nell’isola di Maiorca ed è ormai unanimemente attribuibito a Elisha ben Abraham Cresques, maestro cartografo ebreo al servizio della Corona d’Aragona.
Pergamenaceo, ricchissimo di minature e decorazioni coloratissime, il Mapamundi è costituito di dodici fogli rettangolari incollati su sei tavolette lignee ripiegate, che possono tuttavia essere disposte una di seguito all’altra, per formare un blocco di circa tre metri di lunghezza e di oltre 60 cm di altezza. Le didascalie e i toponimi sono scritti nella lingua della Corona d’Aragona, il catalano. I primi quattro fogli forniscono informazioni cosmografiche, astrologiche e marittime, in particolare sulle maree e sulle lunazioni.
Negli otto fogli che seguono viene rappresentato il mondo allora conosciuto, fino all’Estremo Oriente. Dettagliatissimo per ciò che riguarda la cartografia marittima del Mediterraneo, tanto da potersi considerare alla stregua di un portolano, va via via sfumando il dettaglio con l’allontanarsi dal mondo noto, aumentando però al contempo la raffigurazione di dettagli antropici di natura leggendaria. Sulla carta si distribuiscono innumerevoli toponimi scritti, a seconda della loro importanza, con inchiostro nero, rosso o oro. Cartigli e didascalie vengono utilizzati per l’esplicazione delle raffigurazioni che spesseggiano nelle varie tavole del Mapamundi. Gli insediamenti umani sono rappresentati, oltre che mediante i toponimi, con la raffigurazione di edifici e di bandiere, che permettono di individuare i paesi cristiani, musulmani e alcuni insediamenti di ebrei. Le città più importanti mostrano mura di cinta da cui s’innalzano torri e bastioni. Tratti curvilinei di colore azzurro rappresentano i principali fiumi, mentre gli oceani, i mari e i laghi sono raffigurati con onde azzurre (tranne il Mar Rosso, che è del colore che gli dà il nome). I rilievi e le catene montuose sono figurati come prominenze brune o verdi, tranne l’Atlante in Africa, disegnato come un cordone dorato con tre punte alla fine. La geografia umana delle regioni meno conosciute dagli occidentali è data da coloratissime raffigurazioni di sovrani seduti sul trono e non mancano scene corredate da cartigli aneddotici e da informazioni etnografiche e religiose. Molte le raffigurazioni di vari animali esotici. Per la prima volta in una carta geografica, le informazioni sull’estremo oriente vengono desunte, per la gran parte, dall’opera di Marco Polo, di cui esisteva una redazione in catalano con cui alcune didascalie del Mapamundi presentano coincidenze evidenti. Il territorio dei tartari è rappresentato con dovizia di particolari e con una certa perizia riguardo alle dominazioni che vi si sono succedute. Anche l’area dell’Oceano indiano risulta dipinta con accuratezza, insieme alle innumerevoli isole che vi figurano. Tra le notizie vicine alla versione catalana del Devisement dou monde troviamo, alla tavola 12, quella sulla città di Gamalech e quella riservata a Kublai Khan. Notevoli similitudini si hanno anche nella collocazione di alcune vicende del Prete Gianni in rapporto ai territori africani di Etiopia e di Nubia (tavola 8). Rinviano ai racconti poliani la miniatura di una carovana di uomini che si recano con cammelli e cavalli nel Catai dall’Impero di Sara (tav. 10) e l’affine didascalia; quella dei musicisti che accompagna la cerimonia di cremazione di un defunto (tav. 11); dei popoli di Gog e Magog (tavole 11 e 12); dei pescatori di perle (tavola 9); quella infine che ritrae l’estrazione dei diamanti dalle montagne, utilizzando delle esche di carne atte a ricoprire i preziosi, che vengono poi raccolte e portate a valle da enormi uccelli (tav 11.), ma molte altre se ne potrebbero allegare. Con qualche allievo abbiamo realizzato l’edizione digitale di quest’opera meravigiosa: la si consulta qui.